1980, Roma – Le due ragazzine, all’ultimo anno delle scuole magistrali al Caetani di Piazza Mazzini andarono a trovare la zia Giulia nella Casa Famiglia per Anziani sul Lungotevere delle Armi. Portarono una ventata di allegria tra i vecchietti raccolti nel salottino. Alcuni stavano seduti sulle poltrone e sui divani, qualcuno giocava a carte, a scala quaranta, o faceva un solitario. La zia Giulia attendeva le ragazze, tutta ben pettinata e allisciata. Era una dolce vecchietta che non si era mai sposata ed era rimasta a casa di una nipote, l’aveva aiutata a crescere i figlioli e poi i nipotini. Quante merende aveva preparato alle nipotine e alle loro compagne di scuola la buona zia Giulia! Bruschette di pomodoro e olive nere, pizzette, thè, dolci e biscotti fatti in casa. E, sempre alacre, preparava copertine, sciarpe, calzini, guanti colorati per tutte loro. Stampava grossi baci sulle guance mentre facevano i compiti, tra i libri sparpagliati sul grande tavolo della sala da pranzo. Tutti la amavano, aveva compiuto da poco i novant’anni, festeggiata con una festicciola familiare con poesie, regalini, e una cena pantagruelica. Purtroppo la zia Giulia, negli ultimi tempi, aveva scambiato la notte col giorno, tornando piccola come una neonata e, nel cuore della notte decideva di alzarsi e cucinare: bolliva verdure, preparava sughi e polpette, faceva il the freddo col limone per il giorno dopo, caffettiere per la colazione. Purtroppo la buona zia aveva perduto smalto e si addormentava nel mentre dei suoi manicaretti e spesso in casa si svegliavano di soprassalto grazie all’allarme del gas. Provarono a convincerla, a chiuderla in camera, a darle pastiglie per dormire ma la buona zietta si alzava e continuava a svegliare l’intero palazzo. Alla fine si convinsero e la mandarono in una casa di riposo.
Il luogo era sciccoso, marmi da tutte le parti e le stanze ben arredate, con mobili antichi. La sala di ricevimento per i parenti era luminosa e piena di divanetti comodi. C’erano due salette per la televisione, una per il primo, l’altra per il secondo canale. Tutti i giorni alle cinque i familiari e gli amici potevano andare a prendere il the con i loro cari ospiti. Le ragazzine comprarono dei tulipani e andarono da zia Giulia che al solito, se le appoggiò sulle ginocchia, le strinse a se, dette loro tanti baci. Era ben pettinata e ben vestita, indossava pure la sua solita collana di coralli rossi. Raccontò che stava bene, era contenta, c’erano tante signore gentili con le quali conversare di cucina e fare la maglia e l’uncinetto, e non si annoiava mai ma le mancavano tutti loro, anche se, a turno, andavano a trovarla quasi tutti i giorni. Chiese alle ragazze della scuola, delle loro passeggiate, poi venne servito il the. In un divanetto vicino al loro c’era un vecchietto. Indossava il pigiama perché usciva da una bronchite e passava quasi tutta la giornata a letto. Dopo aver mangiato il pandispagna e sorseggiato il the l’anziano professore esclamò tranquillamente: ”E’ l’ora del mio tric trac!” l’infermiere chiese: “De che? Er tric trac? Ma che, voi n’antro biscotto?” il vecchietto disse: “Le ho cortesemente ricordato che è l’ora del mio tric trac. Lei come si permette di darmi del tu? La farò rimproverare da Raffaella Carrà, sarà qui a momenti” “See, see va bee mo’ ariva Raffaella e contamo li facioli…” fu la laconica risposta dell’infermiere. “A momenti sarà qui Raffaella Carrà, ci penserà lei al mio tric trac e a rimetterla al suo posto”. A quel punto l’infermiere fece segno col dito a Giulia e alle due ragazze che l’anziano era matto. Il vecchietto esplose: “Io qui non ci volevo venire, il luogo è bello, pulito, nel cuore di Roma, vicino alla sede della Rai, ma me l’avevano detto che gli anziani non vengono compresi e presi pure in giro. Ce l’avesse lei un po’ del cervello che ho avuto io nella mia vita. E intanto è passata l’ora del mio tric trac! Datemi il mio tric trac, marrani, insensibili, delinquenti, che fate, risparmiate sul tric trac! Adesso verrà Raffaella e ve la vedrete con lei!!!” Giulia provò a calmarlo: “Non si preoccupi professore, qui non siamo soli, ci sono tante persone che ci vogliono bene e si prendono cura di noi…” ma l’anziano ormai era partito per la tangente e borbottava: “Adesso arriva Raffaella Carrà, ci penserà lei al mio tric trac”.
Mentre le ragazze stavano per andare via, salutando la buona Giulia e gli altri anziani intorno arrivò una donnina piccola, con un foulard in testa, delle scarpe dalla zeppa vertiginosa, sembrava, anzi era Raffaella Carrà, la più amata dagli italiani: “Zio, caro zio, eccomi qui da te, scusa per il ritardo! Ho avuto le prove in studio fino a poco fa. Hai preso il tuo Bactrim?”