Da oggi il nostro magazine si arricchisce di una nuova rubrica denominata “Post industriale” in cui andremo a ripercorrere la storia di alcune fabbriche che negli anni passati hanno fatto la storia della nostra provincia contribuendo alla crescita economica di tutto il territorio e dato lavoro a migliaia di persone. La prima storia che andremo a raccontare riguarda la Fulgorcavi di Borgo Piave, azienda fondata nel 1963 dall’imprenditore genovese Aldo Dapelo, uomo dalle origini molto umili ma dal fiuto eccezionale per gli affari. Nel pieno del boom economico, in un paese in forte crescita, Dapelo scelse come settore la produzione di cavi elettrici e telefonici e ben presto divenne leader a livello mondiale divenendo fornitore di molte società straniere nel campo elettrico e delle comunicazioni tra cui Enel, Sip e Ferrovie. La Fulgorcavi si sviluppava su un’area di sessanta ettari di terra e al suo interno trovavano posto una fonderia per la fusione del rame, un laminatoio per la trafilazione, un reparto mescole per la trasformazione delle materie prime in isolanti e guaine e infine i macchinari per la costruzione di cavi finiti. La fabbrica arrivò ad avere 1250 dipendenti nel periodo di massimo splendore. All’interno dell’azienda trovava posto anche un centro sportivo, un gioiello per quei tempi, con due campi da calcio bene attrezzati e curati. Ed è proprio su questi campi che terminò la sua carriera da calciatore, dopo aver giocato in serie A, Eugenio Fascetti, impiegato in fabbrica la mattina e atleta nel pomeriggio. La squadra della Fulgorcavi passò nel giro di pochi anni dalla prima categoria alla serie D ed indimenticabili furono i derby con il Latina. Purtroppo agli inizi degli anni ottanta iniziò a maturare la crisi dovuta alle perdite accumulate dalle altre fabbriche del gruppo che finirono per trascinare nel baratro anche la Fulgorcavi. La gestione passò alla Gepi la quale inizialmente fece forti investimenti: acquistò un macchinario per la costruzione di cavi di alta tensione, adibì un intero reparto per la formazione di fibre ottiche e bonificò interamente la copertura di un capannone dall’amianto. Cinque anni dopo la cessione alla Manuli che, successivamente, con una operazione speculativa, la cedeva all’Alcatelcavi. Il numero dei lavoratori nel frattempo era sceso a 250 unità. L’epilogo finale si ebbe nel 1993 con l’assunzione di personale giovane e il conseguente licenziamento dei lavoratori anziani seguito dalla perdita di produzioni importanti come la telefonia e le fibre ottiche e da lì il cambio del nome della fabbrica in Nexans spa. Oggi della Fulgorcavi sono rimaste solo le macerie e il nostalgico ricordo di tutte quelle persone che grazie ad essa hanno potuto realizzare i propri sogni e vivere serenamente.
C’era una volta la Fulgorcavi
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