Sezze – Giancarlo Mancini, presidente dell’Associazione Araba Fenice e del Centro studi di storia contemporanea Luigi Di Rosa, insieme all’A.N.P.I. sezione di Sezze, lo scorso 28 gennaio 2022 ha organizzato un incontro on line sulla pagina Facebook del Centro studi Luigi Di Rosa per celebrare la giornata della memoria.
Dopo i saluti istituzionali da parte di Lidano Lucidi, neo Sindaco di Sezze, e di Michela Capuccilli, Assessore alla cultura, sono intervenuti: Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah e Claudio Procaccia, direttore del DIBAC (dipartimento per i beni e le attività culturali della comunità ebraica di Roma).
Per il secondo anno consecutivo non è stato possibile realizzare un evento in presenza per motivi legati al corona virus ma, nonostante le difficoltà, le stesse associazioni organizzatrici non hanno voluto rinunciare a questo appuntamento così sentito. Come gli altri anni, si è scelto un argomento come filo conduttore dell’evento: “Il morbo K: la malattia che salvò gli ebrei”. La malattia “morbo K” fu una sindrome “fittizia” inventata, nell’ottobre del 1943, dal dottor Giovanni Borromeo, primario dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma, insieme all’allora studente Adriano Ossicini con lo scopo di salvare alcuni italiani di religione ebraica dalle persecuzioni nazifasciste.
Il morbo K fu così definito prendendo le iniziali degli ufficiali nazisti Kesselring e Kappler. Una volta diagnosticata questa malattia, descritta dagli stessi medici “contagiosissima”, i nazisti erano scoraggiati nel controllare i pazienti così come le false cartelle appositamente compilate perché credevano si trattasse della malattia di Koch, ossia della tubercolosi. Ossicini, politico italiano, antifascista e membro della Resistenza, fatto prigioniero dai nazisti e dai fascisti, fu liberato grazie ai suoi rapporti con il Vaticano. Fu proprio lui, a raccontare questa storia e la confermò, nel 2004, il medico ebreo Vittorio Sacerdoti in un’intervista alla BBC, in occasione del sessantesimo anniversario della Liberazione di Roma dall’esercito tedesco. I dottori del Fatebenefratelli rischiarono molto con questo stratagemma ma riuscirono a salvare la vita ad una cinquantina di ebrei che, altrimenti, sarebbero stati deportati ad Auschwitz come toccò alle 1024 persone che, all’alba del 16 ottobre 1943, furono prelevate dal ghetto di Roma per non fare più ritorno. Solo sedici di loro sopravvissero.
Il dottor Borromeo, per questa sua iniziativa, fu insignito del titolo di “Giusto fra le nazioni di Israele”.
Occorre raccontare storie come questa per non dimenticare la violenza e i soprusi subiti da molti ma anche il coraggio di chi mise a repentaglio la propria vita per salvare quella di altri.
Per chi volesse, di seguito il link per rivedere l’evento: https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=922650838619003