Questo mese parleremo di draghi babilonesi, i quali rappresentano la genesi di questa mitologica figura che nei millenni si è tanto evoluta da mutare, ma al tempo stesso da rimanere sempre fedele a se medesima. Il drago babilonese e assiro simboleggia le stagioni ed è un animale composito con un corpo lungo simile a un gatto, scaglie, zampe anteriori di leone, zampe posteriori di uccello, testa e code serpentine e una corona di corna; in alcune versioni del mito sarebbe anche alato. In origine, Apsu era il padre universale primordiale, il dio-serpente dell’acqua dolce. Secondo i miti della Mesopotamia, il dio ha diffuso la felicità e l’abbondanza sulla terra ed era la fonte della saggezza e della conoscenza. Tiamat era la dea-drago dell’acqua salata, che esisteva dall’inizio dei tempi, insieme ad Apsu. Aveva la forma di una feroce dragonessa: incarnava l’energia pura dell’oceano ed era anche la personificazione delle forze incontrollate dell’universo, prima che l’ordine fosse stabilito. Tiamat e il suo sposo Apsu erano entrambi personificazioni delle acque primordiali, e fin tanto che esistevano soltanto loro due governavano felici e senza problemi. Ma poi ebbero moltissimi figli, tutti gli dei e gli eroi della Mesopotamia. Fin qui tutto bene, ma tra di loro vi erano anche parecchi zotici, che facevano baccano e irritarono a tal punto Apsu che egli decise di sterminare i suoi figli. Uno dei suoi discendenti però venne a conoscenza di questo piano e uccise Apsu, ma a questo punto il cuore di Tiamat si colmò d’ira. Qui entrano in gioco i draghi. Dalla poesia didascalica babilonese “Enuma elish” apprendiamo che Tiamat diede alla luce undici mostri da usare per combattere, “enormi serpenti dai denti appuntiti” e corpi pieni di veleno come “draghi feroci”, rivestiti di “raggi spaventosi”, e fra di essi ve ne era uno di nome Muschchuschu. “Essa era gravida di draghi spietati che in battaglia erano impavidi”. Questi mostri erano non soltanto impavidi ma anche incredibilmente forti, e così nessuno riusciva a finirli, finché entrò in scena Marduk, che in seguito sarebbe diventato dio nazionale di Babilonia. Egli attese finché Tiamat aprì la bocca per divorarlo, e in quell’occasione le fece entrare nella pancia tanta di quell’aria che essa si gonfiò e non riuscì più a richiuderla. Quindi attraverso la gola le conficcò una lancia direttamente nel cuore, ed essa morì. Egli la divise in due parti e ne consegnò una al cielo e l’altra alla terra. Metà di questo divenne la volta del cielo, l’altra il fondale dell’oceano; i suoi occhi diedero origine alle sorgenti dei fiumi Tigri ed Eufrate, dai quali dipende la vita degli abitanti della Mesopotamia; la sua coda fu incollata al cielo e formò la Via Lattea. Marduk uccise poi Kingu, figlio di Tiamat: gli tagliò la testa e mischiò il suo sangue alla terra per creare il primo uomo e usarlo come schiavo degli dèi. Non uccise però gli altri mostri e i draghi, ormai rimasti senza guida, bensì li fece prigionieri. E quando fu dichiarato re degli dei, il drago Muschchuschu si accovacciò tranquillo e felice ai suoi piedi.
Apsu e Tiamat, la genesi dei Draghi
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