Pensavamo che il peggio fosse passato. Speravamo che i sacrifici della primavera avessero fornito il contributo decisivo alla sconfitta del virus. Forse, per quella fame di ritorno alla normalità, per quella fiducia nei dati che confermavano un rallentamento della pandemia, abbiamo allentato la presa e – anche inconsciamente – siamo tornati ad adottare comportamenti incauti. Ma il Covid-19 ci ha presentato il conto, e stavolta lo ha fatto su scala nazionale. Se la chiusura di marzo ne aveva bloccato la diffusione nel centrosud del Paese, l’estate ha amplificato contatti e ramificazioni, producendo il risultato di un picco di contagi dalle Alpi alla Sicilia. Il monitoraggio è più dettagliato, le misure di controllo rilevano i casi in maniera puntuale, ma non è sufficiente. Le terapie intensive si stanno riempiendo, e questo è il dato più significativo, insieme alla sostanziale riduzione dell’età media dei ricoverati. Perché non si può pensare che solo la morte sia la conseguenza da evitare: la necessità di rianimazione porta con sé potenziali danni permanenti, che solo nel prossimo futuro saranno valutabili. Senza dimenticare che anche il conto dei decessi inizia a farsi pesante. In provincia di Latina l’autunno ha portato un raddoppio dei casi e un tasso di incremento giornaliero allarmante, sin da fine settembre. La Regione Lazio ha provato ad adottare provvedimenti per contenere l’infezione, ma senza grande successo, così come non hanno avuto esiti tangibili i primi interventi governativi. Si è dovuti arrivare a una stretta più consistente, contro la quale in molti hanno protestato. Ogni settore rivendica i propri diritti, dalla cultura all’istruzione, dalla ristorazione allo sport, ma ora è il momento di una visione d’insieme. Senza una presa di coscienza collettiva il virus galoppa, col rischio di dover assumere domani scelte fortemente più drastiche. Anzi, probabilmente nei mesi di minor pressione si è ecceduto con il permissivismo, senza adottare prevenzioni necessarie e senza programmare interventi utili a fronteggiare nuove emergenze. Così la didattica a distanza è stata tralasciata, l’incremento di mezzi per il trasporto pubblico locale dimenticato. Potevano non servire, ma anche airbag e ABS nelle nostre auto speriamo che non servano mai, però paghiamo purché ci siano.
Covid-19, airbag e ABS
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