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Celiachia e Covid-19, nessun rischio

by Laura Guarnacci

La celiachia è una malattia sistemica permanente scatenata dal glutine in soggetti geneticamente predisposti. Colpisce l’1% della popolazione, con maggior frequenza nel sesso femminile. Può esordire a qualsiasi età e la presentazione clinica è estremamente variabile. Ad oggi la maggior parte dei casi di celiachia si manifesta in età adulta con sintomatologia intestinale aspecifica (dolori addominali ricorrenti, stomatite aftosa ricorrente, stitichezza..) e/o manifestazioni extra-intestinali quali anemia sideropenica resistente alla terapia per os, stanchezza cronica, bassa statura, ritardo puberale, ipertransaminasemia isolata o dermatite. Esistono poi la forma silente (con alterazioni istologiche e sierologiche delle forme tipiche, ma in assenza di una chiara sintomatologia) e una forma potenziale (con riscontro di auto-anticorpi anti-transglutaminasi, un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato e un quadro clinico aspecifico, spesso con turbe della riproduzione e osteoporosi). L’unico trattamento ad oggi efficace per la celiachia è una rigorosa dieta senza glutine da seguire per tutta la vita.

Celiachia e infezione da Sars-Cov-2.  Allo stato attuale delle conoscenze si evidenzia che le persone con celiachia non complicata, in trattamento dietetico, senza segni clinici e sierologici di malattia in corso e in buono stato di nutrizione, non presentano un maggior rischio rispetto alla popolazione generale di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 o di un avere un decorso più sfavorevole. È ciò che segnala il nuovo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità contenente le indicazioni per una corretta gestione delle persone celiache nel corso dell’attuale epidemia.

Diversa è la situazione per i pazienti affetti, invece, da celiachia complicata. La complicanza più frequente della celiachia è l’iposplenismo, che si sviluppa solo nel celiaco adulto esposto al glutine per molti anni, e che, causando una ridotta funzionalità della milza, determina una maggiore suscettibilità ad alcune infezioni batteriche (Pneumococcus, Haemophilus Influenzae, Meningococcus). E dato che nei soggetti celiaci la mortalità per infezioni respiratorie risulta aumentata del 20% è consigliato che vengano sottoposti a profilassi vaccinale verso lo Pneumococco e il Meningococco, oltre che seguire in maniera rigorosa la dieta priva di glutine. Uno studio pubblicato nel 2016 su Alimentary Pharmacology & Therapeutics, riporta che il rischio di contrarre polmonite da pneumococco per i soggetti celiaci è sovrapponibile a quello della popolazione generale, purché i celiaci siano a dieta senza glutine e abbiano ricevuto la vaccinazione anti-pneumococcica. Inoltre i pazienti celiaci affetti da complicanze neoplastiche, da celiachia refrattaria e da malattie autoimmuni vanno considerati a più alto rischio infettivo.  Pertanto i celiaci che non seguono un adeguato trattamento dietetico e che hanno sviluppato complicanze, in particolar modo l’iposplenismo, o che presentano una malattia auto-immune associata alla celiachia, sono a più alto rischio infettivo, rispetto alla popolazione generale.

Alle persone celiache è necessario raccomandare di:

– seguire una rigorosa dieta senza glutine

– mantenere il distanziamento sociale e utilizzare i DPI, secondo le indicazioni del Ministero della Salute

– avvertire immediatamente per telefono il Medico del territorio (Medico di Medicina Generale, Pediatra di Libera Scelta) e la ASL di competenza in caso di comparsa anche di uno solo dei sintomi suggestivi di COVID-19 (febbre ≥ 37.5, tosse, dispnea), come da disposizioni vigenti dell’Autorità Competente;

– contattare il Medico Curante del Presidio nel caso di comparsa di diarrea, vomito, dolori addominali e in generale di sintomi gastro-intestinali, affinché il medico sappia interpretare la responsabilità del SARS-CoV-2 in questa sintomatologia, alla luce degli ultimi controlli effettuati e dell’aderenza alla dieta del soggetto.

(Fonte ISS)

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