Home RubricheFantàsia Cisterna e la sorgente di Genzia – II Parte

Cisterna e la sorgente di Genzia – II Parte

by Cristina Villanova

I draghi, in questione, erano Rasgal di Sermos e Cristalia di Ninfea. Questi erano celebri  per il loro coraggio e per essere schierati a favore del bene, il bene era la Fantàsia pontina. Corallo era sbalordita e confortata, poiché sperava che esseri così potenti l’avrebbero affiancata in questo scontro … Cavalli alati, draghi … Corallo era entusiasta di incontrare Cristalia, una volta raggiunta dal saggio gufo Tarciso, mentre il falco Fulco avrebbe contattato il veloce Rasgal di Sermos.

Entrambi i draghi risposero all’accorato appello di Corallo e si affrettarono a giungere al Rifugio al Lago di Fogliano. Per primo giunse Rasgal dei Marmocorazza, lui sapeva sempre farsi guidare dalle correnti aeree come pochi della sua stirpe. Infine arrivò anche Cristalia degli Acqualucenti, lei riusciva anche a volare, ma l’acqua era il suo elemento primigenio. Di fatti, aveva nuotato tra laghi e falde acquifere e infine giunse anche lei al lago. Corallo ne aveva sentito tanto parlare nelle storie che le raccontavano quando era una piccola cavalluccia, ma non aveva mai incontrato dei draghi in carne ed ossa e si sentiva molto fortunata. La cavalluccia marina non dimenticò mai il suo stupore quando li vide giungere e quando le rivolsero per la prima volta la parola, le sembrò di vivere un sogno. I draghi e Corallo si presentarono e parlarono a lungo di ciò che accadde nei regni marini a causa del Malcandore; Rasgal e Cristalia la ascoltarono con grande attenzione ed interesse, sembravano  non essere stupiti dei tristi eventi sottomarini come successe, invece, agli amici di Corallo al Rifugio. Fu così che la cavalluccia marina comprese che i draghi erano già a conoscenza degli strani fenomeni dalle conseguenze terribili avvenuti nei regni subacquei. Infatti, da lungo tempo i draghi scrutavano il Malcandore, silenziosamente lo avevano osservato. Sapevano bene cosa era in grado di fare perché lo avevano visto con i loro stessi occhi … Il Malcandore non era altro che gli esseri umani, gli uomini; non tutti, ma la maggior parte di loro cercava senza sosta sabbia e terra per creare, costruire i loro edifici, nei quali vivevano e poi modificavano profondamente l’ambiente circostante. La vegetazione, il più delle volte, scompariva e tutti gli splendidi colori esistenti in natura, mutavano in un grigio tendente al nero e l’aria diveniva contaminata da cattivi odori, conseguenza delle loro macchinose attività umane, macchinose perché si facevano aiutare da congegni ed ingranaggi … quei luoghi, da loro occupati, sembravano soffrire di un morbo, una malattia che tendeva ad espandersi e per questa ragione veniva chiamato Malcandore.

Una domanda sorgeva spontanea nella mente dei presenti: perché il Malcandore costruiva e distruggeva senza sosta? Da cosa era spinto? … Molte potevano essere le risposte e tutte portavano a una sola parola che tutti gli abitanti della Fantàsia pontina temevano perché portatrice di sventura e caos … la brama di potere. Tra gli abitanti dell’intero Regno esisteva un proverbio, il più importante, e tutti lo rammentavano: “Nel dono, c’è del buono; da temere, c’è il potere”.

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