Le tecniche di stampa 3d esistono da più di 30 anni anche se il vero e proprio boom c’è stato solo nell’ultimo decennio. Per capire come mail la diffusione di questa tecnologia sia stata così lenta è necessario fare un passo indietro nel tempo e precisamente nel 1982, quando il signor Chuck Hull inventò la stereolitografia dando vita al primo esempio commerciale di rapid prototyping e del formato STL. Egli gettò le basi e aprì la strada a tutti coloro che lo seguirono infatti il concetto da lui brevettato di oggetti fisici creati come sequenza di strati 2d sovrapposti è valido ancora oggi. Nel 1986 Carl Deckard, Joe Beaman and Paul Forderhase ripresero le idee di Chuck Hull e svilupparono la sinterizzazione (SLS), un processo del tutto simile a quello precedentemente scoperto, ma apportando una modifica: cambiarono la resina con il Nylon, ovvero un liquido con una polvere. Nel 1988 il signor Crump brevettò la stampa 3D con materiale fuso (FDM). Questa tecnica funziona secondo la logica del principio additivo, consistente nel posare strati di materiale l’uno sopra l’altro. I filamenti plastici o di altri materiali vanno così a formare layer dopo layer gli oggetti. Nel 1993 è il turno del MIT di Boston che sviluppò una tecnica di stampa 3D a colori ( fino a un massimo di 28). Nel 1995 i Tedeschi del Fraunhofer Institute diedero il via al metodo del Selective laser melting. Grazie a questo metodo infatti si possono fondere polveri di metallo e ottenere oggetti con una densità del 98%. Nel 2005 la svolta nel mondo delle stampanti 3D con la creazione di una stampante 3d che riproduce se stessa. La rivoluzione vera e propria però si ha dal 2009 con la scadenza del brevetto sulla tecnologia FDM. Da quel momento il costo delle stampanti 3D si è considerevolmente contratto, rendendole economicamente accessibili alle piccole e medie imprese e favorendone l’ingresso nel mondo degli uffici. Per poter stampare in 3D un oggetto bisogna avere un modello tridimensionale (prodotto con dei software di modellazione specifici). Finito questo passaggio si salva il modello nel formato .STL e lo si carica in un software apposito di stampa dove, una volta inseriti tutti i parametri, si può mandare in stampa l’oggetto. Le applicazioni più comuni sono la prototipazione dei modelli in ambito casalingo o industriale; in ambito spaziale come strumento per riprodurre nello spazio pezzi di ricambio (nel novembre 2014 l’astronauta Samantha Cristoforetti ha portato a bordo della stazione spaziale internazionale una stampante 3D con cui è stato stampato il primo oggetto della storia nello spazio), in ambito edilizio (stampare pietra o calcestruzzo) e in ambito medico per modellare al computer protesi o pezzi di organi perfettamente su misura (ad Utrecht è stato effettuato il primo trapianto di cranio stampato in 3D ad un paziente). Anche il settore alimentare si è dimostrato molto interessato alla tecniche di stampa 3D tanto che negli ultimi anni negli USA sono già stati aperti alcuni ristoranti dimostrativi che preparano cibo solo mediante l’utilizzo di stampanti 3D. La Barilla si è dimostrata intenzionata a sviluppare una stampante 3D in grado di stampare delle paste in formati personalizzabili per qualsiasi ristorante.
La storia della stampa 3D
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