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Sparaminti degli Mmedico

by Lucia Fusco

La chiesetta di San Lidano a Casale Bruciato la domenica mattina riuniva una trentina di anziani, e poi coloni e contadini che l’avevano costruita con le loro mani ededicata al santo contadino, pioniere e bonificatore della palude. Alla fine della funzione i fedeli si fermavano per saluti e complimenti tra storia e gioventù, si raccontavano in dieci minuti una settimana di grilli e strilli familiari. Un giorno Paoluccio raccontò che il genero “pezz’esse benedetto!” lo accompagnava a Cassino il mercoledì da un dottore “caci sparaua” il laser alle ginocchia bloccate e doloranti e si sentiva meglio, girava ormai con l’aiuto del solo bastone: “Mi sto a rifa’ giuuanotto, non tengo più bisogno de fammeaiutà, quasci quascime riassoro”scherzava.

Ubaldo, un anziano che abitava vicino alla chiesetta: “Paolu’, a me me fa male strigne le magni, nun pozzo fa’ propetagnente, tengo bisogno d’aiuto pure alla liazza delle scarpe, secondo te ‘ssommedico po’ aiutà puro a mi?”

“Ma sicuro! Avoglia! E’ no santo! E’ brauo, la ggente fa la fila! La segretaria esce e chiama chi uole essa, guarda si ce stanno gli anziagni, ca femmena ‘ncinta, le criature, cacotuno graue, gli fa passà subbito, dinanzi agli atri. E’ gente bbona, i mmedico è umano, pare ‘no fuiglio! Sta pino de ggenteca, se po’ paga’ uabbeno, se non po’ paga’ isso non uole bocchi ecura ugualo”. “Nese’ Paolu’, ma i’ uoglio paga’!” “Puro io! La pensione la tengo! Deci, uentimila lire ogni sparaminto”. “Saria bbeno, me faria spara’,sto laser puro i’, ma chi mi ci porta a mi? A casemalauorenotucchi!” “Nese’ Uba’! N’ ci sta problema, tiuenimo a piglia’ i e mio genero mercoledì alle sette, n’ ci fa aspetta’ ca se no generemo se ‘nfastidia, tufatte trouà pronto capartemo e a meso dì ristamo a casa.”

L’anziano fu puntuale, si fece trovare sul cancello di casa col vestito della domenica e da quel mercoledì per diversi mesi si recarono a Cassino insieme. Il genero di Paoluccio era ungiovane settantenne in pensione, simpatico e sempre sorridente, guidava la sua macchinetta come per una passeggiata e quando arrivavano a Frosinone, se non erano in ritardo, si fermava al bar e offriva loro il caffè. I due amici raccontavano e raccontavano le storie della loro giovinezza, non si saziavano mai di stare insieme, ridevano come due ragazzini. Paoluccio trovava beneficio dalle cure del laser e pure Ubaldo trovava miglioramenti con “gli sparaminti degli mmedico”. Ubaldo rimaneva sul cancello di casa a salutare finchè la macchina non s’era allontanata e a casa riferiva della bontà del medico e degli amici.

Una domenica dopo la messa però il genero disse che il mercoledì seguente non sarebbero andati. L’impegno era irrimandabile perciò avrebbero saltato“lo sparamento”. Il nipote di Ubaldo, un giovane con un bel Mercedes nuovo si intromise: “Mercoledì vi porto io, ho una settimana di ferie e sono curioso di vede’‘sto dottore, ‘sto santo. Zio Ubaldo non parla d’atro.”

Il mercoledì mattina seguente Paoluccio si fece trovare alle sette davanti al Bar Panici, e visto che era presto, offrì il caffè a Ubaldo e al nipote. Poi andarono a Cassino. Pauluccio lodò la bella macchina: “Pare de’ sta a no salotto, sti sedili so proprio commodi. Mica come a queglio catorcio della machina de generemo!” Si fecero una risata. Il nipote ascoltava barzellette e storie di vita: “A Zì e a casa te stai sempre zitto… tutte sse’ cose non ge le racconti mai…” entrò con loro dal medico: “Dottò, m’hao ditto si due zoppittica tu fai gli sparaminti miracolosi!” il medico sorrise, aveva decine di persone che aspettavano, pure sui gradini e nel giardino dell’ambulatorio. Rimase sorpreso del gran numero di persone in fila, del silenzio rispettoso e dell’educazione. “Pare de sta ‘n chieisaadecco, zi’!”

Tornarono alle undici, non avevano sofferto del viaggio perché la Mercedes aveva l’aria condizionata: “Uba’, che è beno! Si penzo che prima abitauo agli Murolungo e teneuo i caretto! Na uota me so pure areuotato a Stoccacoglio e m’hao douto mette no sacco de punti ‘n fronte. Povero mulo, s’era ‘mpaurito pure isso, mo’ la modernità ce fa sta be’” Sul piazzale del bar di Panici Paoluccio,pronto a scendere dall’auto, salutò: “Allora grazzie, e auguri per ssa bella machina!” L’autista: “Ma quali auguri, Paolu’! ‘Ssa machina cammina con la benzina. Mi devi da’ centomila lire, so’ perso ‘na giornata appresso a ti!”

I due anziani si guardarono negli occhi, Ubaldo li abbassò. Paolo aprì il portafoglio e gli dette i soldi: “Grazie.” Per lungo tempo Ubaldo non andò più a messa, un giorno Paolo si azzardò a chiedere di lui a un vicino: “Ubaldo non ci vie’ più adecco a San Lidano, dice caua agli Valvisciolo ‘nzeme a ‘na nipote!” “Portece i saluti me’ e pure quigli degli mmedico!”

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