1948 –Carmela pensava a quanto era stata felice. La guerra era finita e la vita era bella. Antonio pure era bello, benestante, commerciante di frutta, la amava. Riforniva i negozi e mercati di Caserta e dintorni, lo rispettavano e lei era una signora. Usciva col passeggino e portava a spasso Costanza con abiti bianchi e rosa e il bracciale d’oro che lui le aveva regalato alla nascita dellapiccola, tutti le sorridevano e si toglievano il cappello al suo passaggio. Ma un infarto a soli trent’anni si era portato viail suo sposo: aveva bevuto il caffè, le aveva dato un bacio mentre usciva. Non lo avevano più visto. Carmela promise davanti a San Gennaro e a tutti i Santi che non avrebbe più conosciuto uomo perché aveva avuto il migliore. Aveva un tetto sulla testa e qualche risparmio che finì subito, il funerale solenne era costato moltoe la giovane vedova lavava le scale, puliva le case delle sue vicine, faceva commissioni, ricamava iniziali nei corredi, non si perse d’animo e non mancò mai niente ne’ a lei ne’ a Costanza.
Gli anni passarono. Costanza si diplomò, si era fidanzata con un bravo ragazzo, i suoceri le volevano bene e le rispettavano. Ad agosto Carmela cominciò a stare male e fu ricoverata. Aveva un tumore allo stomaco. La operarono ma non ci fu niente da fare. Morì. Costanza fu portata a casa dal fidanzato e dalla suocera, in lacrime. Lasciarono nel bagaglio dell’auto la piccola valigia con gli effetti della morta per lungo tempo.
I vicini volevano bene a Costanza e a lungo lacoccolaronocon i“cunsoli”. Presto però Costanza sentì la solitudine. Per evitare le chiacchiere, Giuseppe, non saliva più in casa “per fare l’amore”, s’incontravano nell’androne del palazzo, sotto gli sguardi dei vicini e del portiere. Ben presto la suocera decise: “Le cose lunghe diventano serpenti, appena finisce ‘o lutto vi dovetespusà”.
Aveva diciannove anni e lui quattro di più. Aveva un segreto: era alla fame. I soldi che aveva trovato nel comodino della madre erano serviti per il funerale; era parsimoniosa e viveva di niente. La mamma le aveva lasciato in dote lenzuola, asciugamani, una coperta ricamata, tovaglie, persino le camicie da notte, ma come affrontare la spesa di un abito da sposa, pure semplice? E come acquistare il resto? Le scarpe, i fiori, l’acconciatura dei capelli sotto il velo, le calze, l’abbigliamento intimo? Si vergognava di dirlo al fidanzato, temeva battute pungenti e dolorose, addirittura pensava che lui avrebbe potuto sciogliere il fidanzamento. Era preoccupata ed era triste e taciturna. Una notte di settembre sognò la mamma. Era bella come sempre, alta e magra, lei invece era tonda e piccolina. Carmela spolverava la stanza e diceva: “Figlia mia, ma che è tutta ‘sta polvere? Ma da quando non fai i servizi! Pulisci, pulisci! Pure st’armadio, mo’crolla, butta tutt ‘e cos’ vecchie! Tanto a te i vestiti miei non ti entrano! Butta tutt ‘e cose, t’aggio ditto!”
La ragazza si alzò indispettita. La casa splendeva ma ascoltòil sogno. Prese una vecchia valigia e cominciò a sistemare dentro tutte le cose, abiti, borse, scarpe per darle ai poveri. Tenne per ricordo la spazzola, le forcine e il pettine della mamma cheaveva bellissimi capelli che teneva arrotolati dietro la testa con una treccia doppia e lunga. Li pose sul comò, su un centrino all’uncinetto. Quando l’armadio fu vuoto si accorse che sul fondo c’era una busta marrone che non aveva mai visto. Dentro c’erano molte carte da diecimila lire, da cinque e altre più piccole. Il matrimonio era salvo. Nonostante il lutto Costanza indossò un vestito semplice ma bello e di gusto, di raso bianco con un velo di pizzo bellissimo col quale avrebbe poi fatto cucire dalla sarta il vestitino del battesimo dei figli che sarebbero nati. Il pranzo fu abbondante, e Costanza e Giuseppe passarono tra gl’invitati con un cucchiaio d’argento distribuendo i confetti tondi e profumati. In cambio i parenti, con le spille da balia appuntavano le banconote sul vestito di Costanza, come augurio di prosperità. Purtroppo quella notte morì zia Concetta, molto anziana non aveva voluto mancare al matrimonio, aveva mangiato tutto con avidità ed era morta sazia e satolla nel suo letto quella notte stessa.
Intantola sposa sognò per la seconda volta Carmela:“Figlia mia, lo so che mi hai voluto mandare da nostro Signore coi capelli sciolti per fare una cosa moderna, ma io mi sono sempre fatta le trecce. Sto sempre disordinata, pure ieri al matrimonio tuo mi sentivo fuori posto con sti capelli scellerati, per favore dì a zia Concetta che l’aspetto, mi voglio pettinare”. Al suo risveglio Costanza scoprì la morte improvvisa della zia, pensò al sogno, fece un involto usando il centrino con la spazzola, il pettine e le forcinee lo affidò a zia Concetta nel feretro: “ZiaConcettì, per favore portalo tu a mammà! Ti sta aspettanno.”